Pollyanna ed il gioco della felicità

Stamattina mi sono imbattuta in un vecchio cartone anni ’80: Pollyanna. Quanti ricordi! Ora al di là dell’aspetto sentimentale e nostalgico della cosa, con cui non voglio star qui a tediarvi, mi è rivenuto in mente il: “Gioco della felicità”.

Pollyanna, appunto protagonista di un cartone animato tratto dal romanzo di Eleanor H. Porter, era una bambina molto dolce e sensibile cui muore la mamma quando era piccola e successivamente perde anche il papà. Rimasta orfana va a vivere a casa della zia Polly, una zitella acida e severa. Pollyanna, però, riesce a trasmettere amore e serenità a chiunque la circonda e a trascorrere giornate serene fino a quando, a seguito di una brutta caduta, perde l’uso delle gambe. Nonostante le avversità, però, Pollyanna con il suo “gioco della felicità riesce a superare momenti tristi e difficili e a contagiare tutti coloro che la circondano.

Il gioco della felicità, sostanzialmente, consiste nel cercare di trovare lati positivi anche in situazioni negative. Chiaramente tale “gioco” non va esasperato, alla Pollyanna per intenderci, altrimenti si arriva a quella che la psicologia cognitiva ha ribattezzato proprio come “Sindrome di Pollyanna”.

Il “Gioco della Felicità” di Pollyanna funziona per brevi periodi di tristezza e malinconia, se protratto a lungo, invece, rischia di innescare un sentimento di negazione, di avversione agli eventi che rimanderà nel tempo l’elaborazione del dolore, del lutto, impedendo alla mente di affrontare il dolore, sentirlo nella sua intensità e superarlo cercando di andare oltre in maniera costruttiva.

Soffrire, insomma, fa parte, purtroppo, della vita e significa assimilare il pensiero doloroso, che col tempo diventerà sempre meno doloroso per poi rimanere soltanto un ricordo triste. Evitare di elaborare la sofferenza innesca delle paure e delle tensioni connesse alla paura del dolore stesso, che costringerà la persona a vivere in una condizione di perenne stato di ansia, di timore e di stress. Così possiamo dire che se la finalità del romanzo, prima, e del cartone animato poi era mostrare che l’ottimismo e la ricerca della felicità, anche nelle avversità, sono obiettivi fondamentali che ognuno di noi deve assolutamente porsi, possiamo altrettanto affermare che la modalità era “romanzatamente esasperata”. Pollyanna illustrava col suo modo di fare una condizione mentale auto indotta di totale negazione della realtà e, quindi, fortemente invalidante che nessuno vuole assolutamente incoraggiare o fomentare.

Quindi, non vi consiglio di dimenticare il dolore facendo finta che non esista, ma di perseguire, nonostante il dolore: la ricerca della felicità nelle piccole cose.

Cosa significa?Semplice, vuol dire che anche quando siamo tristi senza motivo, quando vorremmo una vita diversa, quando vorremmo una vita fatta di morbide discese verso il successo e vediamo tutto “nero e triste” dobbiamo impegnarci a cercare qualcosa che ci piace, qualcosa di bello.

Quindi, prendiamo il bello del “gioco della felicità” di Pollyanna e cerchiamo in ogni nostra giornata qualcosa di bello.

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